Comunicati stampa
Principio dell’intesa per le modifiche dello Statuto
In apertura della seduta di oggi del Consiglio regionale, il presidente Josef Noggler ha comunicato che il consigliere Ugo Rossi era entrato a far parte del gruppo consiliare Unione per il Trentino. Riccardo Dello Sbarba (Gruppo verde) ha riferito che l'interrogazione del suo gruppo sulla nomina dei vertici di Pensplan, presentata tempo fa, non aveva ancora ricevuto risposta, e ha sollecitato la Giunta a provvedere. Noggler ha risposto di esserne conoscenza e di aver già rivolto un invito in questo senso alla Giunta.
È quindi iniziata con l’esame della proposta di deliberazione 18, Espressione del parere previsto dal terzo comma dal terzo comma dell’articolo 103 dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, sul disegno di legge costituzionale n. a.s. 29/XVIII recante “Modifiche agli Statuti delle Regioni ad autonomia speciale, concernenti la procedura di modificazione degli Statuti medesimi”, d’iniziativa parlamentare, su proposta dei senatori Durnwalder, Steger e Unterberger. Il disegno di legge prevede l’introduzione della clausola dell’intesa per le riforme degli Statuti delle Regioni a Statuto speciale.
Dopo che Denis Paoli (Lega Salvini Trentino) ha riferito dei lavori in 1a commissione legislativa, dove era stato espresso parere favorevole (11 sì, 1 no, 1 ast.), la discussione generale è stata aperta da Alessandro Urzì (Fratelli d’Italia) che ha riportato la definizione di “intesa” del dizionario Treccani: accordo per lo più, ma non necessariamente segreti e riservati, tra due o più persone, enti o organismi”. Egli riteneva che in questo caso si trattasse più di veto, ovvero “opposizione preclusiva a un atto”, perché il testo dei senatori SVP era chiaro: si poteva esercitare con un atto non l’intesa, ma il diniego. L’intesa sarebbe tra l’altro preliminare al processo legislativo. Inoltre, con questa norma di legge si dava un’ulteriore mazzata alla Regione, in merito alla sua potestà e all’esercizio del potere di regia sugli altri enti: si prevedeva infatti il contrario della tripartizione Regione-Provincia autonoma di Bolzano-Provincia autonoma di Trento in vigore oggi, in quanto il veto avrebbe potuto essere posto anche dal solo Consiglio provinciale interessato; cadeva la triangolazione dell’autonomia. Il voto di oggi quindi dichiarava chiusa l’autonomia regionale, ma anche la sovranità italiana su una porzione del suo territorio: “Altro che Catalogna!”, ha evidenziato il consigliere, proponendo di effettuare nel corso del dibattito un’interruzione per una riunione dei capigruppo, o anche solo delle minoranze, per proporre una modifica al testo, in modo da ragionare, trovando un’intesa politica, prima di votare a scatola chiusa.
Giorgio Tonini (Partito Democratico) ha espresso parere positivo alla proposta di deliberazione, rammaricandosi però che si arrivasse al voto fuori tempo massimo. Si sarebbe invece potuto utilizzare proficuamente la legislatura costruendo un accordo per arrivare in Parlamento addirittura con una propria legge voto. Così non è, e di questo sono responsabili maggioranza e Giunta. Quello dell’intesa è un principio sano nel mettere mano allo Statuto di Autonomia, uno e trino, di cui è titolare la Regione, che però è costituita dalle due Province, unico caso in Italia: la proposta in esame rispetta questo equilibrio, perché prevede il consenso della Regione ma anche quello delle due Province autonome. Difficile è immaginare un’intesa costruita in modo diverso da questa procedura, ma ovviamente in questo caso l’intesa può tradursi in un diritto di veto. Manca nel testo il fatto che il Parlamento comunque possa procedere anche in caso di diniego, anche con un quorum rafforzato: questo potrebbe essere punto di caduta nella trattativa parlamentare.
Paul Köllensperger (Team K) ha espresso giudizio favorevole, ricordando che un disegno di legge analogo c’era già in passato, ma non era stato portato avanti. L’intesa è uno scudo protettivo per l’Autonomia, pertanto deve essere la prima modifica introdotta, rispetto a tutte le altre. È giusto che anche un solo Consiglio provinciale ossa esprimere il diniego. Da criticare era che si trattava di un’iniziativa portata avanti solo da esponenti SVP, considerando che le iniziative unilaterali non riescono ad andare a buon fine: era mancato un processo partecipativo, e - come suggerito da Tonini - la predisposizione di un disegno di legge condiviso.
Anche Ugo Rossi (Unione per il Trentino) ha annunciato voto a favore, rammaricandosi però che su un argomento fondativo si votasse a legislatura ampiamente avanzata, con una prospettiva nulla di praticabilità parlamentare. La responsabilità di questo deficit temporale era nell’incapacità della maggioranza regionale di interloquire seriamente al proprio interno su questa tematica, e di individuare una strategia unitaria. Per modificare lo Statuto bisogna per forza ragionare insieme, e anche il diniego consentito a un singolo Consiglio è un impegno a ragionare insieme prima di proporre. Un ragionare insieme che è quello che in questa legislatura è mancato, anche su una materia fondativa come quella in esame oggi. Questa legislatura regionale non trasmette a nessuno un’idea positiva di Autonomia: ognuno comunica la propria. Questo si trasforma in un’incapacità di comunicare con lo Stato, che è quindi autorizzato a ritenere che questa Autonomia non sia meritata. Nell’ultima legislatura non era stato portato a casa il risultato perché un’idea unitaria di Autonomia speciale era stata legata a una proposta referendaria che aveva avuto esito negativo: tuttavia un’idea unitaria c’era. Le vicende di A22 e Mediocredito sono esemplari della situazione attuale, e il voto di oggi denuncia un deficit pesantissimo che grava come un macigno sul futuro dell’Autonomia. Anche nelle commissioni, qualche consigliere di maggioranza regionale avanzava il dubbio che la nuova formulazione mettesse in difficoltà la Regione, esattamente come detto da Urzì: questi era stato rassicurato sottolineando il fatto che ognuna delle tre istituzioni ha un diritto di veto, nessuna può essere oltrepassata. Le regole sono importanti, ma più importante è la volontà di lavorare insieme, che sembra non esserci.
Alex Marini (Movimento 5 Stelle), chiarendo che ci sono ancora due anni di legislatura parlamentare, e quindi il tempo necessario c’è, anche perché il contenuto in discussione oggi è già stato trattato nelle commissioni parlamentari, ricevendo approvazione all’unanimità, ha evidenziato che è necessaria però la volontà politica. Mancava trasparenza in quanto non erano stati messi a disposizione i pareri dei due Consigli provinciali: tra il resto , quello di Bolzano era stato espresso nella precedente legislatura, mentre ora c’erano nuove maggioranze; sarebbe stato opportuno anche introdurre la possibilità di allegare al parere espresso dal Consiglio regionale raccomandazioni e osservazioni, cosa che ora non era possibile; toccava al Consiglio aggiungere elementi utili al legislatore. Nel merito della proposta, il meccanismo della doppia maggioranza poteva essere troppo contorto: bastava un parere da esprimere in Consiglio regionale ed eventualmente maggioranze composte, all’interno dei singoli gruppi linguistici o dei due Consigli provinciali; la citata maggioranza dei due terzi non era giustificata. Il disegno di legge propone un termine di 3 mesi per esprimere il parere, termine che, guardando all’esperienza passata, è troppo stretto. Manca il coinvolgimento popolare in termini di referendum confermativo su base locale, parallelamente ai pareri che devono esprimere i Consigli. Pertanto, egli avrebbe espresso voto contrario.
Il vicepresidente della regione Giorgio Leonardi ha quindi espresso il parere favorevole della Giunta
Nell'ambito delle dichiarazioni di voto, Alessandro Urzì (Fratelli d’Italia) ha rilevato che erano emersi nella discussione nuovi interessanti elementi, per esempio quanto detto da Tonini in riferimento al fatto che l’ultima parola restava al Parlamento, che poteva ulteriormente lavorare a un’eventuale riforma. Era anche improbabile che lo Stato si facesse depotenziare. Il disegno di legge probabilmente non sarebbe stato trattato, per via delle scadenze temporali, ma il dibattito in Parlamento sarebbe stato interessante e avrebbe coinvolto il rapporto tra Stato e Autonomie in generale. Fratelli d’Italia era per l’intesa, ma non per la limitazione della sovranità dello Stato su una parte del suo territorio.
Alex Marini (Movimento 5 Stelle) si è rammaricato che nessuna delle sue proposte - per esempio sulla partecipazione popolare - fosse stata considerata, nemmeno in commissione. Il disegno di legge voleva introdurre il principio dell’intesa, ma non conteneva alcuna disposizione che la regolamentasse. Inizialmente si era espresso per l’astensione, ma ora non poteva fare altro che esprimere voto contrario.
Posta in votazione, la proposta di deliberazione nr. 18 è stata approvata con 51 sì e 4 no.
È quindi iniziato l’esame della proposta di deliberazione 19, Espressione del parere previsto dal terzo comma dell’articolo 103 dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, sul disegno di legge costituzionale n. a.s. 35/XVIII recante “Modifiche allo Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige/Südtirol in materia di competenza legislativa esclusiva della Regione e delle Province autonome di Trento e di Bolzano”, d’iniziativa parlamentare, su proposta dei senatori Durnwalder, Steger e Unterberger. Tale disegno di legge si prefigge principalmente di trasformare le competenze legislative, attualmente concorrenti, della Regione e delle Province autonome in competenze legislative esclusive.
Alessandro Urzì (Fratelli d’Italia) ha chiarito che questo disegno di legge era al confine tra l'autodeterminazione interna, ma un pochettino sotto: si passavano tutte le competenze alle Province, e una volta votato questo si poteva anche smettere di parlare di Regione. Le competenze assegnate dallo Stato alle Province erano inoltre pesanti: la sanità, per esempio, o l'ordinamento sportivo - il che comportava l’uscita dai campionati nazionali - , gli enti locali - ma questo era già stato votato ieri - , la distribuzione dell’energia, la competenza su industria, demanio idrico, concessioni, ma anche la polizia. Con questo voto favorevole, un domani sarebbe stata possibile una polizia provinciale, al comando del Landeshauptmann. Si sarebbe potuto disciplinare l’orario dei negozi e le relative chiusure, aprendo la strada alle migrazioni nel vicino Veneto. Sarebbe passata anche la competenza nella toponomastica sulla denominazione dei Comuni, con un parere vincolante della Commissione dei 6, che si sostituiva così al Consiglio dei Ministri, e la possibilità per la Giunta provinciale di impugnare le norme senza coinvolgere il Consiglio. Di fatto, una riforma che si avvicinava molto alla “Vollautonomie”, con un taglio netto rispetto alla suddivisione di compiti e funzioni con lo Stato. In provincia di Bolzano, tutti i temi citati si declinavano in maniera molto diversa rispetto al Trentino: questo significava consegnare chiavi in mano la provincia di Bolzano a un unico partito. Il suo gruppo avrebbe votato contro.
Paul Köllensperger (Team K) ha chiarito che il disegno di legge era una versione ammorbidita del disegno di legge costituzionale 43 del 2018. Si condivideva la proposta di trasformare le competenze concorrenziali in primarie, ma c’erano delle lacune. Rispetto a quel disegno di legge, la proposta era più debole, pertanto ci si sarebbe astenuti, anche perché essa non rispettava i risultati della Convenzione sull’Autonomia. Criticabile era anche che l’art. 3 affidasse la competenza per l’impugnazione non più al Consiglio ma alla Giunta.
Alex Marini (Movimento 5 Stelle) ha rilevato che nel disegno di legge non c’era alcuna motivazione che giustificava il trasferimento delle competenze alle Province, con unica eccezione per gli enti locali. Ci sarebbe voluta invece per ogni competenza trasmessa una motivazione. Forse il proponente Durnwalder non voleva spiegare le vere motivazioni ai suoi colleghi parlamentari, ma a livello consiliare era opportuno un confronto chiaro e trasparente. Marini si è augurato anche che la Giunta motivasse il suo parere favorevole, a fronte del fatto che la componente trentina ancora non si era espressa. Il disegno di legge era in sostanza un elenco della spesa, ma non si spiegava a cosa servivano gli ingredienti. Ha quindi annunciato parere contrario.
Ugo Rossi (Unione per il Trentino) ha sostenuto che il contenuto del disegno di legge lo avrebbe indotto a un voto favorevole, perché era ciò a cui si doveva puntare. Tuttavia, si sarebbe astenuto perché di fatto si trattava solo di una dichiarazione d’intenti e nulla più, che avrebbe richiesto grande lavoro politico ma soprattutto un’unità di intenti già chiara rispetto ai due governi provinciali. Si capiva dove voleva andare il Sudtirolo, ma non il Trentino, tanto che membri della Giunta provinciale in commissione si erano astenuti. Nel frattempo, cosa era avvenuto per far superare i dubbi? Marini aveva lamentato l’assenza di motivazioni, ma di fatto in Trentino, come in buona parte del Paese, la politica non spiegava più nulla, si limitava a fare fotografie utili a post su facebook, orientati a carpire il consenso di persone che si continuava a mantenere non interessate alle spiegazioni. Tutto questo era legittimo, e di fatto i risultati elettorali premiavano queste modalità: forse si doveva sperare in tempi migliori.
Giorgio Tonini (Partito Democratico) ha rilevato “un forte sapore di propaganda”: si stava infatti votando un testo che non avrebbe avuto alcun esito parlamentare. La propaganda era parte integrante della politica, ma se questa si riduceva a pura propaganda era un problema. Gian Carlo Pajetta diceva che la differenza tra i dirigenti politici e i cretini era che questi credono alla loro propaganda, ma questo certamente non era il caso di Lega e SVP, che per primi non ci credevano. La proposta era un copia-incolla di una analoga discussa attorno alla riforma Renzi, che puntava a superare la logica delle competenze concorrenti in quanto origine di un contenzioso infinito: si trattava quindi di una radice che lui considerava positiva ma all’interno di quella discussione, non al di fuori. In questo modo diventava solo cattiva politica fine a se stessa, e quindi una politica “cretina”, seppur non fatta da cretini. Il consigliere ha quindi annunciato astensione.
Il vicepresidente della regione Giorgio Leonardi ha quindi espresso il parere favorevole della Giunta.
Nell'ambito delle dichiarazioni di voto, Alessandro Urzì (Fratelli d’Italia) ha rilevato che la Giunta non aveva nulla da dire, volendo solo imporre con la logica dei voti la propria posizione. Il confronto sarebbe stato invece doveroso, altrimenti il concetto di democrazia diventava evanescente. La maggioranza regionale non spendeva una sola parola per giustificare perché essa stessa riteneva di essere insignificante, promuovendo un processo di riforma che dismetteva se stessa. Emergeva un degrado della politica, mentre sarebbe stato necessario esprimere le proprie convinzioni e sostenerle davanti agli altri, altrimenti bastava firmare una delega alla maggioranza per 5 anni. Se si riteneva che la regione fosse inutile, “allora dimettetevi dai vostri incarichi”, ha detto Urzì rivolgendosi alla Giunta ed annunciando infine voto contrario.Ugo Rossi (Unione per il Trentino) ha condiviso la posizione di Urzì relativamente all’assenza di dibattito, aggiungendo che se prima aveva dei dubbi rispetto alla sua astensione, dovuti al fatto che i contenuti del disegno di legge erano nel senso di una necessaria sistemazione dello Statuto, ora rilevava che era mancata una sintesi esaustiva della maggioranza regionale, al di là della semplice espressione di voto favorevole. Ogni cittadino si poteva chiedere cosa fosse successo, nelle commissioni, per passare dai dubbi al parere ora favorevole della maggioranza trentina su quello che era “il tema dei temi”, cioè lo Statuto. Questo faceva il gioco dei detrattori dell'Autonomia.
La seduta è stata interrotta alle 13, come da convocazione. La discussione proseguirà nella seduta di ottobre.