Comunicati stampa
Approvate le modifiche a pacchetto famiglia e previdenza sociale
È ripresa questa mattina in Consiglio regionale la trattazione del disegno di legge 43, Modifiche alla legge regionale 18 febbraio 2005, n. 1 e successive modificazioni (Pacchetto famiglia e previdenza sociale), presentato dalla Giunta regionale. Conclusa ieri la discussione generale, oggi sono stati presentati gli ordini del giorno.
Con il primo ordine del giorno, Fondo per equiparare i congedi parentali del settore privato a quelli del settore pubblico, Maria Elisabeth Rieder (Team K) , evidenziando che i congedi parentali e i periodi di aspettativa per motivi educativi nel settore pubblico e in quello privato vengono gestiti in modo diverso, chiariva che mentre nel privato, dopo la maternità obbligatoria, le donne possono fruire di un congedo parentale per un massimo di sei mesi al 30% della retribuzione, con contributi pensionistici e previdenziali, e che i due genitori possono fruire complessivamente di un massimo di 11 mesi, chi cresce da solo i propri figli fino 10, con retribuzione e contributi pagati per soli 6 mesi, nel pubblico si ha invece diritto a un congedo parentale fino a 11 mesi per ciascun figlio: i due genitori a complessivi 11 mesi; la madre o in alternativa il padre a un massimo di 8 mesi; il genitore singolo ha diritto a 11 mesi, con il 30% della retribuzione per un massimo di 8 mesi (durata massima complessiva per entrambi i genitori, poiché i periodi vengono sommati) o di 11 mesi (nel caso ci sia un solo genitore); i dipendenti pubblici possono inoltre fruire di un periodo di al massimo due anni di aspettativa non retribuita ma valida ai fini pensionistici. La consigliera chiedeva quindi di impegnare la Giunta regionale a verificare entro il 2022 quali condizioni e quante risorse finanziarie sono necessarie per equiparare i congedi parentali del settore privato a quelli del settore pubblico; a istituire in seguito un fondo che preveda mezzi finanziari per equiparare i congedi parentali del settore privato a quelli del settore pubblico. „È importante fare questa verifica, per sapere quanto costerebbe e quali possibilità ci sono”, ha detto Rieder, evidenziando che anche mancando la competenza legislativa in materia, la legge in esame prevedeva che in regione si potesse offrire qualcosa di più, non tramite il normale sistema pensionistico, ma attraverso il sistema pensionistico complementare regionale: questo, al fine di garantire la possibilità di libera scelta, promuovendo contemporaneamente il fatto che più padri godano del congedo parentale.
In assenza di interventi dall'aula, ha replicato la Giunta. L’ass. Waltraud Deeg ha chiarito che la Giunta condivide quanto espresso nella proposta relativamente a libertà di scelta e congedi parentali più ampi, e proprio a questo mirava il disegno di legge. Tuttavia, come rilevato dalla stessa proponente, la regione non aveva competenze in materia di congedi parentali, e non si potevano alimentare false aspettative. La Giunta non era contraria alle pari opportunità tra settore pubblico e privato, e l’opposizione era invitata a non trasmettere questo messaggio: il problema era che mancava la competenza. In Italia, finora, sono pochi i padri che hanno richiesto il congedo parentale condiviso, e questo perché normalmente sono quelli che guadagnano di più: si può intervenire nell’ambito della contrattazione collettiva, introducendo misure più vantaggiose rispetto alla legge statale, e il settore pubblico in provincia di Bolzano ha già agito in questo senso; vanno poi sostenute le parti sociali al fine di promuovere maggiori garanzie anche nel settore privato. Questi sono i binari su cui muoversi. Rieder ha replicato facendo riferimento al punto (1) della parte deliberante che chiedeva una verifica delle condizioni e delle risorse finanziarie, aggiungendo che lo stesso presentatore ieri aveva detto che ogni piccolo passo nella direzione giusta era utile. L’obiettivo era intervenire sulla disparità di trattamento esistente. Alessandro Urzì (Fratelli d’Italia), rilevando il problema di competenza, ha chiesto di trasformare il documento in un ordine del giorno rivolto al Parlamento. Rieder ha quindi ritirato la sua proposta, per ripresentarla in altra forma di voto.
Il presidente Josef Noggler ha quindi avviato la trattazione del secondo ordine del giorno, con il quale Alex Marini, firmatario insieme a Diego Nicolini (Movimento 5 Stelle), evidenziava che secondo i dati del progetto Respect-Stop Violence Against Women, il tasso di attività femminile in Italia è del 56,2%, all'ultimo posto tra i Paesi europei, e che in Italia le donne che lavorano sono 9.768.000 e rappresentano il 42,1% degli occupati complessivi. Il tasso di occupazione invece è del 49,5% per le donne e del 67,6% per gli uomini - in provincia di Bolzano intorno al 66%; per quanto riguarda la fascia d'età 20-64 anni, il tasso di occupazione femminile in Italia è del 53,1%, migliore solo a quello della Grecia, e la differenza rispetto alla media europea è abissale;: in Europa infatti il tasso medio di disoccupazione giovanile per le donne è del 14,5%, mentre il Italia è del al 34,8%; per quanto riguarda i ruoli apicali, in Italia le donne rappresentano il 27% dei dirigenti, contro un valore medio europeo del 33,9%; tutto questo fa sì che l’importo medio annuo delle pensioni femminili (dati Censis 2017) sia di 17.560 euro, quello degli uomini di 23.975 euro. In quanto al gender pay gap, ovvero la differenza salariale tra uomo e donna, in Italia si attesta attorno al 5%, inferiore alla media europea del 16%: in Trentino e in Alto Adige, però, questa percentuale supera il 30%. Facendo riferimento a una mozione di maggioranza approvata nel maggio 2020 in Senato al fine di prevedere una strategia nazionale per la parità di genere, ed evidenziando il ruolo dell’Ufficio per la previdenza sociale e per l’ordinamento delle APSP presso la Ripartizione Enti locali, previdenza e competenze ordinamentali, e la presenza in Alto Adige del servizio socio-assistenziale “Casa delle donne”, si chiedeva di impegnare la Giunta regionale (1) a valutare l'introduzione di misure per la copertura previdenziale delle donne che beneficiano dell'assegno di autodeterminazione previsto dalla legge provinciale di Trento 9 marzo 2010 n.6, Interventi per la prevenzione della violenza di genere e per la tutela delle donne che ne sono vittime e delle donne che in provincia di Bolzano beneficiano supporto offerto dal servizio socio-assistenziale "Casa delle donne", e (2) a valutare iniziative, anche attraverso la costituzione di un tavolo tecnico con la Commissione per le pari opportunità tra donna e uomo della Provincia di Trento, la Commissione provinciale per le pari opportunità per le donne della Provincia di Bolzano e con gli uffici regionali competenti, in particolare l'Ufficio por la previdenza sociale e per l'ordinamento delle APSP, al fine di introdurre misure nell'ambito della previdenza complementare volta a ridurre la differenza nei trattamenti pensionistici tra donne e uomini, con particolare riferimento alle categorie sociali che percepiscono stipendi e pensioni più bassi. Nel periodo di tempo di assistenza di cui si parla al punto (1) , ha chiarito Marini, non è attualmente prevista la copertura previdenziale; in quanto al secondo punto, si richiede un approccio sistemico per ridurre il gap esistente. In provincia di Bolzano, ha aggiunto, la retribuzione media giornaliera maschile è di 110 € circa, quella della donna di 77 €: questo dimostra la necessità di lavorare alla radice con interventi complessi.
Paolo Zanella (Gruppo verde) ha sostenuto l’ordine del giorno, ricordando che l’assegno di autodeterminazione per le donne che hanno subito violenza, importante innovazione normativa, era nato da una proposta dell’ex consigliere Ghezzi, sottoscritta da lui stesso e dalla consigliera Coppola. A questo proposito, ha chiarito che dalla relativa approvazione erano passati 8 mesi, ma ancora mancava il regolamento. Anche il secondo punto del dispositivo era importante: una riflessione in merito era necessaria, considerando che gran parte del lavoro di cura ricade ancora sulle donne, e che nel disegno di legge mancavano incentivi per una ripartizione dei compiti tra i due genitori. c’era un grande lavoro da fare, e gli assessorati alle pari opportunità delle due province avevano molto da fare: a Bolzano si stava lavorando, a Trento il tema era trattato come secondario e non ce ne si occupava.
Anche Sara Ferrari (Partito Democratico) ha sostenuto l’iniziativa: la copertura previdenziale non risolve il problema della violenza, ma permette di intervenire affinché oltre al danno le donne non abbiano anche la beffa, essendo loro, e non gli uomini violenti, quelle che vengono trasferite altrove per essere messe in sicurezza, perdendo così il lavoro. Positivo anche il punto (2), che promuove un lavoro congiunto e riflessioni al fine di agire in maniera costruttiva per riparare alle storture esistenti. Anche lei ha ribadito che ciò che c’era sulle pari opportunità in provincia di Trento, in questi tre anni era stato distrutto.
L’ass. Waltraud Deeg ha chiarito che si condivideva l’obiettivo di tutelare le donne vittime di violenza, ma c’era difficoltà a chiarire se era davvero necessaria questa copertura previdenziale: infatti, le donne possono sempre presentare domanda in caso di buchi previdenziali, indipendentemente dalla situazione in cui si trovano. Il punto (2) si potrebbe anche approvare, ma il risultato sarebbe ridotto, dato che si ha competenza limitata. L’argomento sta però a cuore alla Giunta, come dimostra la presentazione in Consiglio provinciale a Bolzano di una legge contro la violenza, e il fatto che il presidente Kompatscher presenterà una proposta per le pari opportunità. Alex Marini ha replicato che è necessario intervenire in maniera complessa per ridurre le limitazioni che non garantiscono l’attuazione del principio delle pari opportunità. Si è detto disponibile a una votazione per punti separati, per garantire più possibilità al punto (2). Va detto che è possibile valutare un intervento di contribuzione complementare, considerando anche crediti fiscali. La proposta contenuta nell’ordine del giorno è concreta, ai fini di una collaborazione virtuosa in ambito previdenziale, e sarebbe un segnale importante dal punto di vista politico. Sara Ferrari ha rilevato che la risposta dell'ass. Deeg aveva fatto riferimento al ruolo delle province e non alla Regione. Posto in votazione, l’ordine del giorno n. 2 è stato votato per parti separate e respinto: le premesse con 34 no, 8 astensioni e 16 sì, il punto (1) con 34 no, 19 sì, 3 astensioni, il punto (2) con 35 no, 19 sì e 5 astensioni.
Con 56 sì e 2 astensioni è quindi stato approvato il passaggio alla discussione articolata del disegno di legge 43.
L’articolo 1 propone di prevedere l’alternanza dei contributi a sostegno della previdenza obbligatoria e a sostegno della previdenza complementare per chi si assenta dal lavoro per accudire i figli; di eliminare il vincolo dei mesi e di prevedere che il contributo spetti dal compimento del 3° mese al compimento del 3° anno di vita del bambino (5° anno di vita in caso di part time); e di eliminare del tutto il requisito della continuità contributiva prevista per il fondo pensione; di estendere il contributo a sostegno della previdenza complementare dei lavoratori autonomi (importo complessivo massimo spettante pari a 8 mila euro) ai collaboratori domestici; di ridisciplinare le situazioni di cumulabilità tra i contributi in esame e le altre misure regionali o nazionali previsti.
Brigitte Foppa (Gruppo verde) ha criticato lo stralcio del bonus aggiuntivo per i padri, Maria Elisabeth Rieder (Team K) ha rilevato che l’importo non è cumulabile con il contributo per gli artisti, che è di soli 500 € l’anno e andrebbe per questo mantenuto. Messo in votazione, l'articolo 1 è stato approvato con 45 sì e 15 astensioni.
L’articolo 2 regola i versamenti volontari all’INPS per la copertura previdenziale di periodi dedicati all’assistenza domiciliare di familiari non autosufficienti. Come il precedente, estende il contributo a sostegno della previdenza complementare dei lavoratori autonomi ai collaboratori domestici e rivede le situazioni di cumulabilità. È stato approvato con 55 sì e 1 astensione.
L’articolo 3 definisce le misure transitorie. È stato approvato con 56 sì e 2 astensioni.
L’articolo 4 contiene la disposizione finanziaria. È stato approvato con 56 sì e 3 no.
Il disegno di legge è stato infine approvato con 54 sì e 3 astensioni.
È quindi ripreso l’esame della proposta di deliberazione 19, Espressione del parere previsto dal terzo comma dell’articolo 103 dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, sul disegno di legge costituzionale n. a.m. 35/XVIII recante “Modifiche allo Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige/Südtirol in materia di competenza legislativa esclusiva della Regione e delle Province autonome di Trento e di Bolzano”, d’iniziativa parlamentare, su proposta dei senatori Durnwalder, Steger e Unterberger. Esso si prefigge principalmente di trasformare le competenze legislative, attualmente concorrenti, della Regione e delle Province autonome in competenze legislative esclusive. La discussione in merito in Consiglio regionale era stata avviata nella seduta del 23 settembre scorso.
Riccardo Dello Sbarba (Gruppo verde) ha ricordato che il disegno di legge interveniva sulle competenze di Regione e Province, e che avviare un iter di riforma dello statuto senza la garanzia dell’intesa era abbastanza pericoloso, L’intesa era la premessa di tutto, e infatti il suo gruppo aveva sostenuto il relativo disegno di legge costituzionale. Ha ricordato che le due assemblee provinciali avevano lavorato per tutta la scorsa legislatura, sulla base di leggi istitutive di Convenzione e Consulta che erano della maggioranza, recependo proposte dal basso per la modifica dello statuto, avviando una terza fase dell'Autonomia che fosse. Sostenere disegni di legge di senatori equivaleva mettere una pietra tombale sul prodotto di Convenzione e Consulta.
Paul Köllensperger (Team K) ha espresso grosse perplessità sul disegno di legge 35, pur essendo a favore di un ampliamento dell'Autonomia. Come il relatore precedente, ha criticato che si abbandonasse il processo partecipato: l'Autonomia non poteva essere fatta solo da tre persone. ha quindi proposto di non trattare ulteriormente il disegno di legge, rilevando che modifiche così ampie richiedevano comunque prima l’approvazione del meccanismo dell’intesa, altrimenti si sarebbe andato incontro a rischi. Il suo gruppo si sarebbe astenuto dal voto.
Alessandro Urzì (Fratelli d’Italia) ha chiesto la votazione nominale “su un disegno di legge che secondo lui prevedeva di fatto l'abolizione della Regione”.
Giorgio Tonini (Partito Democratico) ha parlato di “occasione perduta”, la cui responsabilità era tutta sulle spalle della maggioranza regionale. Si andavano a votare atti di pura propaganda, che dividevano invece che unire. Il suo gruppo aveva proposto di promuovere unitariamente il principio dell’intesa, portandolo in parlamento, e nel frattempo istituire una Commissione regionale che facesse sintesi delle proposte emerse in convenzione e Consulta e lavorasse a una proposta condivisa. Questa mozione era stata bocciata. Anche il suo gruppo si sarebbe astenuto davanti a questo triste epilogo.
La seduta è stata quindi sospesa per 10 minuti su richiesta del presidente della Regione Maurizio Fugatti. Al rientro in aula, Alessandro Urzì (Fratelli d’Italia) ha chiesto una sospensione per una riunione dei capigruppo al fine di un approfondimento sul parere. I lavori riprenderanno alle 14.30.